SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 11135 del 2009, proposto da:
REGIONE CALABRIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Giuseppe Naimo, ed elettivamente domiciliata presso lo Studio Legale dell’Avv. Graziano Pungi', sito in Roma, Via Ottaviano n. 9;

contro

- la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso il cui Ufficio sito in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è, ope legis, domiciliata;
- la CAMERA DEI DEPUTATI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso il cui Ufficio sito in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è, ope legis, domiciliata;
- il SENATO DELLA REPUBBLICA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso il cui Ufficio sito in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è, ope legis, domiciliato;
- il C.I.P.E. - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso il cui Ufficio sito in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è, ope legis, domiciliato;
- la REGIONE SICILIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso il cui Ufficio sito in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è, ope legis, domiciliata;
- STRETTO DI MESSINA S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Roberto Pecoraio e dall’Avv. Angelo Clarizia, ed elettivamente domiciliata presso lo Strudio Legale di quest’ultimo sito in Roma, Via Principessa Clotilde n. 2;
- RETE FERROVIARIA ITALIANA S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Stefano Vinti ed elettivamente domiciliata presso lo Studio Legale di questi sito in Roma, Via Emilia n. 88;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- della delibera C.I.P.E. n. 77/09 del 31 luglio 2009 avente ad oggetto ‘1° programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443/2001) variante "Cannitello": modifica soggetto aggiudicatore’;

- del Documento di Programmazione Economica e Finanziaria 2010-2013;

- delle risoluzioni parlamentari del 29 luglio 2009 di approvazione del D.P.E.F. 2010-2013;


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Camera dei Deputati, del Senato della Repubblica, del C.I.P.E. - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, della Regione Sicilia, della società Stretto di Messina S.p.a. e della società Rete Ferroviaria Italiana S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del febbraio 2010 il Consigliere Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Premette in fatto la Regione Calabria che con Delibera C.I.P.E. n. 83 del 2006, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica ha approvato il progetto definitivo per la realizzazione della ‘Variante Cannitello’ individuando quale soggetto aggiudicatore Rete Ferroviaria Italia S.p.a., sulla base del parere favorevole dalla stessa Regione espresso subordinatamente alla condizione che l’opera non fosse condizione essenziale per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina ma fosse volta al miglioramento ed implementazione del sistema della rete ferroviaria regionale.

Con la gravata delibera n. 77 del 31 luglio 2009 il C.I.P.E. ha individuato un diverso soggetto aggiudicatore dell’intervento, indicato nella società Stretto di Messina S.p.a., sul presupposto della connessione e complementarietà di tale intervento al progetto inerente il Ponte sullo Stretto, per come riportato nell’Allegato Infrastrutture al D.P.E.F. 2010-2013 che lo qualifica espressamente come opera complementare alla realizzazione del Ponte.

A sostegno dell’impugnativa, deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:

- Violazione dell’art. 3 della legge n. 468 del 1978; Violazione degli artt. 161, 165 e 166 del D.Lgs. n. 163 del 2006; Violazione del principio di effettiva e leale collaborazione; Eccesso di potere per sviamento.

- Violazione dell’art. 6 quinquies della legge n. 133 del 2008.

Per l’ipotesi in cui si dovesse ritenere che dal Documento di Programmazione Economica e Finanziaria, emanato dal Governo ed approvato dalle Camere ai sensi della legge n. 468 del 1978, discenda un vincolo per il C.I.P.E., parte ricorrente, nel contestare tale efficacia immediatamente precettiva, denuncia, innanzitutto, il vizio di incompetenza a provvedere, posto che nessun potere è attribuito al Governo ed alle Camere dal Codice dei Contratti il quale, agli artt. 161 e 163 prevede l’approvazione del progetto definitivo da parte del CIPE.

Sostiene, ancora, parte ricorrente, come, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 468 del 1978, non sia consentito modificare unilateralmente, attraverso il D.P.E.F., quanto già deciso dal C.I.P.E. in adesione ad una condizione fondante l’accordo raggiunto con la Regione, in violazione del principio di leale collaborazione e delle norme del Codice dei Contratti che disciplinano le prerogative della Regione.

La modificazione della correlazione dell’opera, sarebbe inoltre asseritamente estranea ai fini perseguibili in sede di emanazione del D.P.E.F.

Avuto riguardo alla gravata delibera ed alla ulteriore delibera del C.I.P.E. n. 52/2009 – recante l’approvazione del D.P.E.F. – le stesse sarebbero viziate sia in via derivata alla luce dei vizi sopra indicati (fatta eccezione per il vizio di incompetenza), sia in via diretta per vizi propri, quali la lesione delle attribuzioni regionali attraverso la unilaterale modifica di un precedente accordo in una sua parte essenziale senza coinvolgere la Regione interessata attraverso la convocazione del C.I.P.E. nella sua forma integrata, con contestuale violazione delle norme del Codice dei Contratti disciplinanti l’approvazione dei progetti delle infrastrutture.

Denuncia, infine, parte ricorrente, l’intervenuta violazione delle norme recate dalla legge n. 133 del 2008 nella parte in cui prevede che la ripartizione delle risorse per gli investimenti infrastrutturali sia approvata con delibera del C.I.P.E. previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Si sono costituite in resistenza le Amministrazioni intimate, eccependo, con successiva memoria, in via preliminare, la tardività del ricorso e sostenendone nel merito l’infondatezza con richiesta di corrispondente pronuncia.

Si è costituita in giudizio la società Stretto di Messina S.p.a. con formula di rito.

Si è costituita in resistenza anche la aocietà Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., anch’essa eccependo, con successiva memoria, la tardività del ricorso, nonché la sua inammissibilità per carenza di interesse, deducendone nel merito l’infondatezza.

Con memoria successivamente depositata parte ricorrente ha contestato quanto ex adverso dedotto, insistendo nelle proprie deduzioni ed ulteriormente argomentando.

Alla Pubblica Udienza del 10 febbraio 2010, la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti, trattenuta per la decisione, come da verbale.

DIRITTO

Con il ricorso in esame la Regione Calabria ha proposto azione impugnatoria avverso, in via principale, la delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (hic hinde C.I.P.E.) n. 77/2009 – recante l’individuazione della società Stretto di Messina S.p.a. quale nuovo soggetto aggiudicatore dell’intervento inerente la ‘Variante di Cannitello’ in quanto complementare al progetto del Ponte sullo Stretto – nonché avverso, ove occorra, il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria (hic inde D.P.E.F.) 2010-2013 e le risoluzioni parlamentari di approvazione dello stesso.

L’impianto ricorsuale si snoda attraverso due diverse prospettazioni in ordine all’efficacia, vincolante o meno, del D.P.E.F. rispetto alla gravata determinazione del C.I.P.E., con conseguente diversa articolazione dei vizi asseritamente inficianti i gravati atti.

Per l’ipotesi – contestata da parte ricorrente – in cui debba attribuirsi al D.P.E.F. efficacia immediatamente vincolante per il C.I.P.E., il documento di programmazione e le risoluzioni parlamentari con cui lo stesso è stato approvato sarebbero affetti dal vizio di incompetenza - essendo demandato esclusivamente al C.I.P.E. il potere di approvazione dei progetti per le infrastrutture - e di sviamento di potere, con integrazione, altresì, di un’ipotesi di lesione delle attribuzioni regionali e di violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.

Nella diversa ipotesi, propugnata da parte ricorrente, in cui nessun vincolo possa ritenersi ricadere sul C.I.P.E. per effetto dell’approvazione del D.P.E.F., la gravata delibera sarebbe asseritamente affetta – fatta eccezione per il vizio di incompetenza – dai medesimi vizi denunciati, diversamente articolati nella illegittima lesione delle attribuzioni regionali per non essere stata la Regione Calabria coinvolta nella seduta del C.I.P.E. nella sua forma integrata, con violazione delle disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici recanti la disciplina di approvazione dei progetti delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale.

Sotto diverso, profilo, denuncia parte ricorrente l’intervenuta violazione delle norme recate dalla legge n. 133 del 2008 nella parte in cui prevede che la ripartizione delle risorse per gli investimenti infrastrutturali sia approvata con delibera del C.I.P.E. previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Così sinteticamente illustrati i motivi di censura posti a sostegno della proposta azione impugnatoria, giova premettere alla loro disamina una breve illustrazione della vicenda sottesa alla controversia al fine di meglio delinearne i contorni e più compiutamente definire la portata delle censure che ad essa afferiscono.

In tale direzione, va precisato che con delibera C.I.P.E. n. 83 del 2006 è stato approvato il progetto definitivo per la realizzazione della ‘Variante Cannitello’ ed individuata la società Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. quale soggetto aggiudicatore, riconducendo l’intervento all’infrastruttura inerente l’asse ferroviario Salerno-Reggio Calabria-Palermo-Catania, in adesione alla condizione, cui il parere favorevole espresso dalla Regione Calabria era subordinato, che l’opera non fosse condizione essenziale per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina e fosse destinata a migliorare ed implementare il sistema della rete ferroviaria regionale.

Il D.P.E.F. 2010-2013 – su cui sono intervenute le gravate risoluzioni parlamentari di approvazione - all’Allegato II inerente il programma delle infrastrutture strategiche, ha indicato l’opera relativa alla ‘Variante di Cannitello’ quale complementare alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina.

La gravata delibera C.I.P.E. n. 77/2009, nel richiamare le previsioni di cui al citato Allegato al D.P.E.F., ha modificato il soggetto aggiudicatore dell’intervento individuandolo nella società Stretto di Messina S.p.a., sul presupposto della connessione e complementarietà di tale intervento al progetto inerente il Ponte sullo Stretto di Messina.

Posta tale breve ricognizione degli atti che costituiscono oggetto di impugnazione, deve innanzitutto rilevarsi l’inammissibilità dell’azione proposta avverso il D.P.E.F. e le risoluzioni parlamentari di sua approvazione da parte delle Camere, trattandosi di atti sottratti, in ragione della loro natura, all’ambito di esercitabilità del sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo.

Ed invero, avuto riguardo al Documento di Programmazione Economico-Finanziaria, trattasi di atto avente natura prescrittivo programmatica che il Governo è competente ad adottare al fine di indirizzare le scelte di politica economica e finanziaria, nell’esercizio - nella sua stretta connessione ed interdipendenza - della più ampia funzione di determinazione dell’indirizzo politico, cui peraltro si ricollega l’inderogabile competenza del Governo nella predisposizione del bilancio quale strumento di realizzazione delle politiche di natura finanziaria ed economica, cui le relative previsioni sono ispirate per la strumentale attuazione, rappresentando in tale contesto il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria l’atto contenente le scelte concrete del Governo con indicazione programmatica degli obiettivi, delle linee di azione, delle misure adottate e della destinazione delle risorse.

Ai sensi dell’art. 1 della legge n. 443 del 2001, al D.P.E.F. è allegato il programma delle infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale, individuate dal Governo nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, con l'indicazione dei relativi stanziamenti, sulla base delle finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale, nonché a fini di garanzia della sicurezza strategica e di contenimento dei costi dell'approvvigionamento energetico del Paese e per l'adeguamento della strategia nazionale a quella comunitaria delle infrastrutture e della gestione dei servizi pubblici locali di difesa dell'ambiente.

Tale programma, da inserire nel Documento di Programmazione Economico-Finanziaria ai sensi della richiamata norma, deve contenere l’elenco delle infrastrutture e degli insediamenti strategici da realizzare, i costi stimati per ciascuno degli interventi, le risorse disponibili e relative fonti di finanziamento, lo stato di realizzazione degli interventi previsti nei programmi precedentemente approvati ed il quadro delle risorse finanziarie già destinate e degli ulteriori finanziamenti necessari per il completamento degli interventi

Emerge, quindi, con tutta evidenza, la natura, oltre che politica, previsionale e programmatica del D.P.E.F. e dell’Allegato contenente il programma delle infrastrutture, avverso cui si dirige la proposta azione impugnatoria.

Se la descritta natura politica del D.P.E.F. vale già di per sé a sottrarlo al sindacato giurisdizionale, giova ulteriormente rilevare che, in quanto atto di natura politica di programmazione e determinazione dell’indirizzo politico in materia economico-finanziaria, adottato dal Governo, lo stesso reca indicazioni di contenuto programmatico inidonee ad esplicare, all’evidenza, immediati effetti in relazione a posizioni giuridiche soggettive tutelabili e non assume, tantomeno, effetti provvedimentali, non inserendosi né sotto il profilo formale né sotto quello sostanziale nell’ambito generale degli atti amministrativi, con la conseguenza che va declinata con riferimento allo stesso la giurisdizione del giudice amministrativo, potendosi siffatta sindacabilità radicare solo con riferimento a sviluppi di azione amministrativa di natura provvedimentale.

Qualificata, nei termini di cui sopra, la natura del D.P.E.F., l’azione impugnatoria avverso tale atto proposta trova, quindi, soluzione sulla base del richiamo al principio secondo cui, alla luce del quadro costituzionale e legislativo vigente, sono sottratti alla sfera di sindacabilità giurisdizionale gli atti che siano espressione di potere politico.

Analoga declaratoria di difetto di giurisdizione va adottata con riguardo alle gravate risoluzioni parlamentari con cui ciascun ramo del Parlamento ha approvato il D.P.E.F., trattandosi di atti aventi natura politica utilizzati dal Parlamento al di fuori del procedimento legislativo.

Sotto un profilo generale, la risoluzione parlamentare, difatti, costituisce un atto di direttiva con cui l’organo assembleare esprime la propria volontà in ordine ad un determinato argomento, con valore almeno potenzialmente vincolante, per la propria azione o nei confronti di altro organo, quale strumento di partecipazione degli organi parlamentari alla funzione di indirizzo politico.

Secondo il vigente schema del sistema parlamentare, l’indirizzo politico scaturisce, difatti, da un complesso procedimento nel quale assumono un ruolo, in diversa e cangiante misura, sia il Governo che il Parlamento.

Tale procedimento, se conosce il suo momento centrale nell’approvazione parlamentare del programma governativo, si articola successivamente in ragione delle modificazioni ed aggiornamenti di tale programma, anche sulla base della cadenza dei relativi impegni, nella dialettica Parlamento-Governo che si svolge anche al di fuori del procedimento legislativo, esprimendosi tale partecipazione parlamentare alla funzione di indirizzo politico attraverso atti tipizzati quali le risoluzioni parlamentari, disciplinate nei rispettivi regolamenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, in cui vengono espressamente definite quali strumenti per manifestare orientamenti o definire indirizzi su specifici argomenti, in tal modo qualificando e caratterizzando le risoluzioni quali tipici atti di direttiva utilizzabili al di fuori del procedimento legislativo.

Discende pertanto, dalla natura politica delle risoluzioni parlamentari, la loro sottrazione al controllo giurisdizionale esterno di legittimità, superfluo apparendo a tale riguardo soffermarsi sul richiamo agli assetti costituzionalmente garantiti, all’indipendenza garantita alle Camere del Parlamento da ogni altro potere ed all’immunità di giurisdizione di cui costituzionalmente godono gli atti politici in regione della loro natura e dello scopo perseguito.

Non essendo gli atti politici come tali sindacabili in sede giurisdizionale, deve giudicarsi inammissibile l’impugnazione avverso di essi proposta, con conseguente difetto assoluto di giurisdizione del giudice, per difetto di una situazione giuridica soggettiva, rientrando siffatti atti nell’ambito di un procedimento di natura politica e non di natura amministrativa. L’inammissibilità per difetto di giurisdizione del giudice adito, alla luce delle considerazioni sopra illustrate, dell’impugnazione proposta avverso il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria e le risoluzioni parlamentari di sua approvazione – in relazione ai quali i profili di lamentata lesione delle prerogative regionali e di violazione del principio di leale collaborazione tra organi di rilievo costituzionale potranno essere fatti valere in altra più appropriata sede di sindacato, anche con lo strumento del conflitto di attribuzioni tra Stato e Regione - consente di poter prescindere dalla disamina dell’eccezione di tardività dell’impugnazione sollevata dalle resistenti Amministrazioni (che presuppone la relativa impugnabilità delle risoluzioni in esame).

Va, altresì, dichiarata l’inammissibilità della censura con cui parte ricorrente deduce l’illegittimità dell’approvazione da parte della Camera dei Deputati del D.P.E.F. per mancata acquisizione del parere delle Commissioni competenti, essendo l’attività parlamentare sottratta al sindacato giurisdizionale.

Nella gradata elaborazione logica delle questioni sollevate con il ricorso in esame, il vaglio giurisdizionale va a questo punto indirizzato alla disamina del capo di impugnazione proposto avverso la delibera C.I.P.E. n. 77 del 2009, in relazione al quale il Collegio - anticipando le conclusioni che, alla luce delle considerazioni che si andranno ad esporre, intende trarre – ritiene di doverne delibare l’infondatezza.

Lamenta, in proposito la Regione ricorrente che la gravata delibera conterrebbe una unilaterale diversa determinazione rispetto alla decisione assunta con la precedente delibera n. 83 del 2006, modificando la condizione essenziale dell’accordo raggiunto in sede di approvazione del progetto definitivo, senza che la Regione sia stata coinvolta nella forma della convocazione del C.I.P.E. integrato dal Presidente della Regione interessata, in violazione dell’art. 161 del D.Lgs. n. 163 del 2006 e della prevista procedura da attivare per il superamento dell’eventuale dissenso di cui all’art. 165, comma 6.

Il vaglio della censura impone la previa ricognizione degli atti intervenuti nella fase antecedente l’adozione della gravata determinazione del C.I.P.E., con particolare riferimento a quello di approvazione del progetto preliminare del Ponte sullo Stretto di Messina e della ‘Variante di Cannitello’ e a quello di approvazione del progetto definitivo della ‘Variante di Cannitello’, nonché all’Intesa Generale Quadro intercorsa tra il Governo e la Regione Calabria, in relazione ai quali verificare l’intervenuto esercizio, da parte della Regione Calabria, alla luce del vigente quadro normativo, delle proprie prerogative come garantite dall’ordinamento ed accertare se, attraverso l’adozione della gravata delibera, siano stati incisi ambiti in relazione ai quali deve ritenersi la necessità della partecipazione della Regione.

In tale direzione va, quindi, ricordato che con delibera C.I.P.E. n. 66 del 2003 è stato approvato il progetto preliminare del Ponte sullo Stretto di Messina, comprensivo del progetto preliminare della ‘Variante di Cannitello’ quale opera necessaria al fine di liberare il fronte su cui collocare il pilone di tiraggio della struttura in quanto interferenza primaria, la cui soluzione assumeva valenza propedeutica alla costruzione della torre sul lato calabrese, opera che quindi è stata ricompresa, in virtù di tale sua finalizzazione alla realizzazione del Ponte, anche nella relativa pronuncia di compatibilità ambientale.

Con tale delibera del C.I.P.E., adottata con il consenso della Regione Calabria, è stata quindi cristallizzata la correlazione dell’intervento inerente la ‘Variante di Cannitello’ alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, con approvazione del progetto preliminare di tale opera comprensiva del progetto preliminare della variante.

L’art. 165, comma 5, del D.Lgs. n. 163 del 2006 – richiamato da parte ricorrente a sostegno della censura in esame – disciplina la procedura di approvazione del progetto preliminare delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale, la quale viene decisa a maggioranza dal C.I.P.E. con il consenso dei presidenti delle regioni e province autonome interessate ‘ai fini della intesa sulla sua localizzazione’, prevedendo al comma 5 la procedura da seguire in caso di motivato dissenso delle regioni o delle province.

Procedura che, ai sensi della richiamata norma, concerne la fase di approvazione del progetto preliminare, con riferimento alla quale il consenso delle regioni interessate è richiesto ai soli fini della localizzazione dell’opera.

Risulta pertanto erroneo il richiamo di parte ricorrente all’art. 161 del D.Lgs. n. 163 del 2006, il quale si riferisce alla diversa fase di approvazione del progetto preliminare, nonché il richiamo – quale parametro cui riferire il vaglio in ordine alla denunciata violazione della necessaria procedimentalizzazione dell’approvazione della gravata delibera del CIPE - alla procedura di superamento del dissenso disciplinata dalla esaminata norma di cui all’art. 165, comma 6, la quale è prevista per la fase di approvazione del progetto preliminare dell’opera – già intervenuta e consolidatasi – laddove la delibera impugnata concerne la diversa fase successiva alla stessa approvazione del progetto definitivo e concerne la modifica del soggetto aggiudicatore e la qualificazione dell’opera della ‘Variante di Cannitello’ quale complementare alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, investendo quindi un contenuto che fuoriesce dall’ambito di applicazione dell’invocato art. 165 del D.Lgs. n. 163 del 2006, il quale si riferisce alla diversa fase dell’approvazione del progetto preliminare, nel cui ambito il richiesto consenso delle regioni interessate inerisce alla sola localizzazione dell’opera.

Nel precisarsi che analoga procedura di superamento del dissenso è prevista, per l’approvazione del progetto definitivo delle infrastrutture, dall’art. 166, comma 5 – non richiamato da parte ricorrente - preme al Collegio rilevare, sempre con riguardo all’invocato art. 165 del Codice dei Contratti che, in relazione alle relative previsioni, la Regione Calabria, nell’assentire il progetto preliminare degli interventi relativi alla realizzazione del ‘Ponte sullo Stretto di Messina’ e della ‘Variante di Cannitello’ – al primo correlata - come approvati con la ricordata delibera C.I.P.E. n. 66 del 2003, ha pienamente esercitato le proprie prerogative come riconosciute in relazione alla relativa sfera di attribuzioni, avendo partecipato al relativo procedimento decisorio ed avendo prestato il proprio consenso nell’esercizio dei poteri ad essa attribuiti, consentendo l’approvazione del progetto preliminare e la localizzazione dell’opera concernente lo Stretto di Messina e la Variante di Cannitello.

Procedendo nella ricognizione degli atti che si collocano in una fase temporale antecedente il gravato provvedimento, va ricordato che l’adozione della citata delibera C.I.P.E. n. 66 del 2003 è stata preceduta dall’adozione dell’Intesa Generale Quadro sottoscritta in data 16 maggio 2002 tra il Governo e la Regione Calabria, nell’ambito della quale sono state individuate le infrastrutture interessanti il territorio calabrese che rivestono carattere di preminente interesse nazionale, articolate secondo macrocategorie comprendenti il Ponte sullo Stretto Calabria-Messina e relative opere di collegamento, e la tratta ferroviaria ad alta capacità Napoli-Reggio Calabria.

Il modulo concertativo di cui alle intese quadro trova compiuta previsione e disciplina all’art. 161 del D.Lgs. n. 163 del 2006, il quale, al comma 1, nel prevedere che le infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale sono individuate a mezzo del programma di cui all’art. 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 – programma da inserire nel Documento di Programmazione Economico-Finanziaria – dispone che nell'ambito di tale programma sono individuate, con intese generali quadro tra il Governo e ogni singola regione o provincia autonoma, le opere per le quali l'interesse regionale è concorrente con il preminente interesse nazionale.

In ragione dell’impatto geografico-territoriale delle opere infrastrutturali di preminente interesse nazionale ed alla necessità di una coerente distribuzione delle competenze nell’ambito dell’iter approvativo, l’individuazione delle opere per le quali l’interesse regionale concorre con quello preminente nazionale avviene, quindi, mediante le intese generali quadro fra Governo ed ogni singola Regione, con le quali vengono anche definite le modalità della loro partecipazione alle attività di progettazione, affidamento e monitoraggio.

Si tratta di un modulo convenzionale o strumento di concertazione attraverso il quale si programma la realizzazione di interventi e vengono definite le sfere di funzioni esercitabili dalle amministrazioni statali e regionali per la loro realizzazione, assumendo l’intesa il ruolo di modulo procedimentale di codecisione per la soluzione di eventuali conflitti e l’adozione della decisione finale in ordine alla realizzazione dell’opera e della sua localizzazione regionale.

Il rilievo che, nell’attuale assetto costituzionale, come caratterizzato dalla nuova architettura del sistema di riparto delineata dal Titolo V della Costituzione, assumono le intese generali quadro quale paradigma di costituzionalità della normativa che disciplina la materia delle infrastrutture strategiche, sulla cui base enucleare lo spazio riconosciuto alle prerogative regionali – nella sua strumentale utilità e necessità ai fine di delibare in ordine alla controversia in esame – impone di brevemente soffermarsi sul ruolo da tale strumento assunto in relazione alla costituzionalizzazione dei principi di sussidiarietà e di adeguatezza, come correlati all’esigenza di assicurare l’esercizio unitario delle funzioni amministrative in quanto proporzionato od adeguato all’esigenza di unitarietà e coerenza decisoria ed operativa.

Nella declinazione attuativa effettuata dal legislatore con riferimento alle infrastrutture strategiche, il principio di sussidiarietà ed adeguatezza assume una particolare connotazione procedimentale che trova nelle attività concertative e di coordinamento espresse attraverso le intese tra Stato e Regione il parametro di legittimità costituzionale, operando la funzione codecisoria quale stanza di compensazione e di composizione di eventuali conflitti e di esercizio unitario delle competenze assegnate ad organi diversi.

La previsione delle intese generali quadro consente, quindi, che la sussidiarietà non operi quale modifica delle competenze regionali, costituendo piuttosto strumento per l’allocazione di funzioni al livello più adeguato che giustifica il trasferimento delle attribuzioni amministrative (e legislative) ad un livello di governo più elevato in grado di individuare la ricorrenza di esigenze correlate all’esercizio unitario delle competenze in relazione alla cura di interessi pubblici aventi dimensione territoriale trascendente quella locale (Corte Costituzionale, sentenza n. 303 del 2003; TAR Lazio – Roma – Sez. III ter – n. 82 del 2006; Cons. Stato – Sez. V – n. 1102 del 2005), confluenti, nell’ambito delle infrastrutture, nella nozione di preminente interesse nazionale.

Richiamata la valenza dello strumento dell’intesa generale quadro in relazione al ruolo spettante allo Stato ed alle Regioni, tale intesa – come sopra illustrato - è stata raggiunta tra il Governo e la Regione Calabria con la sottoscrizione dell’accordo del 16 maggio 2002, così risultando realizzata la condizione di attuabilità del programma delle infrastrutture strategiche ricadenti sul territorio di interesse della Regione ricorrente, avuto particolare riguardo alle opere inerenti il Ponte sullo Stretto e relative opere di collegamento e l’asse ferroviario Salerno-Reggio Calabria.

A tale intesa, ha fatto seguito l’approvazione – con la citata delibera C.I.P.E. n. 66 del 2003 - del progetto preliminare del Ponte sullo Stretto di Messina, comprensivo del progetto preliminare della ‘Variante di Cannitello’, quale opera connessa, assentito dalla Regione nell’esercizio delle proprie prerogative.

Così ricostruito l’iter inerente la localizzazione dell’opera e l’approvazione del progetto preliminare della ‘Variante di Cannitello’, svolto parallelamente al richiamo alla disciplina di riferimento che delinea il ruolo e le prerogative della Regione interessata, va infine ricordato che la fase di approvazione del progetto definitivo di tale opera si è conclusa con l’adozione della delibera C.I.P.E. n. 83 del 29 marzo 2006.

In relazione a tale progetto, la Regione Calabria, per come riportato nelle premesse della citata delibera, si è espressa favorevolmente “subordinatamente alla condizione che l’opera non sia condizione essenziale alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina ma serva soltanto a migliorare ed implementare il sistema della rete ferroviaria regionale”.

Il progetto definitivo della ‘Variante di Cannitello’, consistente in una variante di circa 1.150 metri dell’esistente linea ferroviaria Salerno-Reggio Calabria, in località Cannitello, da realizzare in affiancamento al tracciato esistente – preso atto dell’intervenuta approvazione del progetto preliminare - è stato quindi approvato dal C.I.P.E. in composizione integrata con le prescrizioni e le raccomandazioni proposte dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Nella delibera in esame si dà espressamente atto del mantenimento delle caratteristiche tecniche originarie dell’opera, come prevista nel progetto preliminare, pur se ricondotta ad altra infrastruttura del programma, e segnatamente all’asse ferroviario Salerno-Reggio Calabria, rispetto alla quale si presenta comunque coerente in quanto apporta vantaggi al trasporto ferroviario regionale, procedendo alla individuazione del soggetto aggiudicatore in Rete Ferroviaria Italiana S.p.a.

Emerge, pertanto, dalla delibera di approvazione del progetto definitivo – con significativa rilevanza che merita di essere evidenziata – che l’opera inerente la ‘Variante di Cannitello’, pur a fronte della condizione cui è stato subordinato l’assenso regionale sul progetto definitivo e della riconduzione dell’intervento ad altra infrastruttura del programma, mantiene le caratteristiche tecniche originarie, rivelando, altresì, con ogni evidenza, la contestuale, contemporanea ed indifferenziata utilità funzionale del progetto sia per la realizzazione del Ponte sullo Stretto che per la realizzazione dell’asse ferroviario Salerno-Reggio Calabria.

Con la delibera C.I.P.E. n. 77 del 2009 – oggetto dell’impugnativa in esame – è stato modificato il soggetto aggiudicatore della ‘Variante di Cannitello’, individuandolo nella società Stretto di Messina S.p.a. “in quanto l’intervento è connesso e complementare al progetto del Ponte sullo Stretto la cui realizzazione è stata affidata al Contraente Generale”.

Tale complementarietà è indicata nell’Allegato Infrastrutture al D.P.E.F. 2010-2013, cui la contestata delibera fa espresso richiamo.

La gravata delibera si risolve, dunque, nella modifica del soggetto aggiudicatore previa presa d’atto della caratterizzazione dell’opera contenuta nel citato Allegato, sulla cui base vengono stabiliti i relativi stanziamenti.

Trattasi in sostanza di decisione che, nel prendere atto del carattere di complementarietà dell’opera alla realizzazione del progetto del ‘Ponte sullo Stretto incluso variante Cannitello’ di cui al citato Allegato, muove da una necessaria ed opportuna riconsiderazione delle modalità di realizzazione della variante in modo da attribuire alla concessionaria della realizzazione del ponte la responsabilità della realizzazione della variante, in modo da assicurarne la coerenza con gli altri interventi.

In relazione al descritto quadro va dunque verificato se, avuto riguardo al contenuto della gravata delibera, sussistano i presupposti per ritenere la necessità dell’acquisizione del consenso della Regione Calabria mediante convocazione del C.I.P.E. integrato con la partecipazione del suo Presidente, concentrandosi, le censure ricorsuali proposte avverso la gravata delibera, sul mancato coinvolgimento della Regione nella relativa procedura di approvazione.

Rilievo decisivo, al fine di escludere la fondatezza dei denunciati vizi, deve attribuirsi alla circostanza che l’opera inerente la ‘Variante di Cannitello’ non ha subìto, per effetto della gravata delibera, alcuna modifica tale da evocare l’esercizio delle prerogative regionali, immutato essendo il relativo progetto definitivo, assentito dalla Regione ricorrente - seppur subordinatamente - sia sul piano tecnico-progettuale che sul piano localizzativo.

Ed invero, la riferibilità dell’opera all’uno o all’altro programma infrastrutturale non riveste alcuna incidenza sulle caratteristiche dell’intervento, sulla sua localizzazione e sugli aspetti tecnico progettuali, che, oltre ad essersi consolidati, risultano indifferenti quale che sia l’imputazione dell’opera al relativo programma e quale che sia il soggetto aggiudicatore.

Inoltre, anche a fronte della diversa riconduzione dell’opera, qualificata nella gravata delibera come complementare alla realizzazione dello Stretto di Messina, e della modifica del soggetto aggiudicatore, l’intervento conserva la medesima funzione di miglioramento ed implementazione della rete ferroviaria regionale – cui si riferisce la condizione apposta dalla Regione Calabria – proprio in ragione della ricordata duplice utilità e funzionalizzazione dell’opera, realizzandosi, mediante tale intervento, sia il miglioramento della rete ferroviaria regionale che l’attuazione del programma inerente il Ponte sullo Stretto, rispetto alla quale ultima si presenta come propedeutico e complementare.

In ragione della intervenuta riconduzione dell’opera inerente la ‘Variante di Cannitello’ al programma relativo alla realizzazione del Ponte sullo Stretto non si realizza, pertanto, alcun pregiudizio all’utilità dell’opera in relazione al miglioramento della rete ferroviaria – come valorizzata con l’assenso condizionato espresso dalla Regione Calabria - immutato essendo l’intrinseco ed autonomo valore funzionale dell’opera connesso alla sua natura di intervento ferroviario ed alle sue caratteristiche tecniche e progettuali, non intaccate in alcun modo dalle decisioni di cui alla gravata delibera.

Tali considerazioni vanno coordinate con la ratio della speciale disciplina dedicata ai lavori relativi alle infrastrutture strategiche ed insediamenti produttivi, come dettata dall’art. 161 e seguenti del Codice dei Contratti Pubblici – che riproducono il contenuto precettivo delle norme recate dalla legge obiettivo – in base alla quale il modello procedimentale di tipo derogatorio che ne scaturisce è incentrato essenzialmente sull’esigenza di accelerare e snellire l’iter approvativo di tali opere pubbliche relativamente alla fase di elaborazione progettuale, alla valutazione di impatto ambientale, alla individuazione dei sistemi di realizzazione ed alla procedure di scelta del contraente.

Il citato art. 161 del D.Lgs. n. 163 del 2006 delinea in termini compiuti la ripartizione delle competenze decisorie in materia di infrastrutture strategiche fra amministrazioni statali, regionali ed enti locali, definendo il quadro delle rispettive potestà, come ulteriormente precisate con la fondamentale sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 2003, stabilendo, al comma 1, che le opere per le quali l'interesse regionale è concorrente con il preminente interesse nazionale, le regioni o province autonome partecipano, con le modalità indicate nelle intese generali quadro – su cui ci si è soffermati in precedenza - alle attività di progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio, conformemente alle normative vigenti ed alle eventuali leggi regionali allo scopo emanate.

Il vincolo, pertanto, in ordine all’esercizio, ed alle relative modalità, delle prerogative regionali, oltre a quanto stabilito dalla legge, può discendere solo dalle intese generali quadro, e non già da precedenti delibere del C.I.P.E. (quale quella impugnata) che, nel riferire il consenso condizionato espresso dalla Regione in ordine – non ad elementi essenziali del progetto o dell’opera, ma - alla riferibilità dell’intervento ad un determinato programma infrastrutturale, si sostanzino pur sempre nell’approvazione, a composizione integrata, del progetto definitivo dell’opera, non potendo siffatte clausole condizionali costituire fonte di legittimazione per l’esercizio di prerogative regionali in ordine a contenuti che fuoriescono dall’ambito delle stabilite attribuzioni e che non incidono sugli aspetti essenziali dell’opera e del progetto definitivo approvato con il prescritto assenso regionale.

Nel delicato assetto dei rapporti istituzionali e dello speciale modello procedimentale derogatorio previsto per le opere infrastrutturali, come delineato dal Codice dei Contratti Pubblici, sono compiutamente individuate le sfere delle rispettive attribuzioni e competenze statali e regionali e le modalità del loro esercizio, che si fondano e si traducono in una concezione procedimentale e consensuale del principio di sussidiarietà statale, che acquista valenza procedimentale affinché l’esercizio unitario, che consente di attrarre alla competenza statale la funzione amministrativa e legislativa, si svolga nell’ambito di un iter in cui assumono il dovuto rilievo le attività concertative e di coordinamento orizzontale, che si esprimono principalmente con le intese.

In tale quadro, in cui coesistono attribuzioni e funzioni diverse in ragione dell’ampia articolazione delle competenze ed in cui contestualmente emerge l’esigenza unitaria ed inscindibile di realizzazione dell’opera in quanto di interesse statale preminente, le garanzie riconosciute alle Regioni ed alle Province autonome devono conoscere confini certi ed esatta delimitazione attraverso la chiara individuazione delle relative fonti di legittimazione, altrimenti attribuendosi a tali enti un potere di veto estraneo alle finalità per cui le loro prerogative sono riconosciute, come connesse con lo specifico interesse di rilievo pubblico di cui sono portatori, che ne legittima il coinvolgimento procedimentale al fine di poter operare le valutazioni di propria competenza, nell’esercizio della propria sfera di attribuzioni, e di partecipare alla formazione della volontà deliberativa.

In ragione delle esigenze di allocazione delle funzioni al livello più adeguato e del riconosciuto ruolo delle regioni con riferimento alle opere per le quali l’interesse regionale è concorrente con il preminente interesse statale, l’ambito di codecisione delle regioni, come dalla legge procedimentalizzato, investe la localizzazione delle opere, la valutazione dell’impatto ambientale ed il progetto dell’opera, in quanto e per gli aspetti incidenti sulle specifiche attribuzioni regionali, non potendo conseguentemente ritenersi la necessità del consenso della regione relativamente ad aspetti che fuoriescono dall’ambito delle indicate attribuzioni.

Con specifico riferimento al contenuto della gravata delibera C.I.P.E. n. 77 del 2009, e segnatamente alla modifica del soggetto aggiudicatore dell’opera ed alla modifica del riferimento dell’opera ad altro programma infrastrutturale, non risultano in alcun modo scalfite le peculiari prerogative e garanzie regionali, che sole ne legittimano ed impongono l’apporto decisionale in relazione agli interessi di cui sono portatrici e di cui hanno la cura, trattandosi di elementi estranei al contenuto degli interessi perseguiti ed indifferenti agli stessi.

Tali interessi sono stati espressi e le relative prerogative sono state esercitate con la sottoscrizione dell’intesa generale quadro tra Governo e Regione Calabria, nonché con l’approvazione del progetto preliminare del Ponte sullo Stretto, ricomprendente quello relativo alla ‘Variante di Cannitello’, e con l’approvazione del progetto definitivo della ‘Variante Cannitello’, rispetto al quale ultimo nessuna modifica essenziale, se parametrata agli interessi ed alle prerogative regionali, è intervenuta per effetto della delibera C.I.P.E. n. 77 del 2009, che incide su aspetti estranei all’ambito di rilievo dell’interesse pubblico regionale e lascia immutata l’opera sul piano tecnico, progettuale e localizzativo, aspetti sui quali la Regione Calabria ha dato il previsto assenso.

Appare, dunque, fuorviante ed errato annettere alla condizione, riferita nella delibera C.I.P.E. n. 86 del 2006, cui il consenso regionale risulta subordinato relativamente all’approvazione del progetto definitivo della ‘Variante di Cannitello’, la valenza di una fonte di legittimazione per l’esercizio di nuove ed ulteriori prerogative regionali rispetto a quelle stabilite dalla legge e dall’intesa generale quadro, nell’ambito della quale, peraltro – giova precisare - non si è inteso disciplinare in dettaglio la materia inerente le modalità di partecipazione della Regione alle attività di progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio, come espressamente demandato a siffatte intese dall’art. 161 del D.Lgs. n. 163 del 2006.

Se le intese generali quadro non possono surrogare l’approvazione del progetto dell’opera – non potendo tali intese sovvertire le attribuzioni legali sulla delicatissima funzione di approvazione dei progetti, che vede coinvolti plurimi interessi – restando necessaria l’approvazione del progetto da parte del C.I.P.E. in composizione allargata pur in presenza di un’intesa generale quadro, il ruolo procedimentale assegnato alle regioni che vantano un interesse concorrente in relazione ad un’opera di preminente interesse nazionale è quello che discende dal quadro normativo di riferimento e da tali intese, non potendo la competenza statale essere interamente assoggettata e condizionata al raggiungimento del consenso regionale per aspetti che non interferiscono con gli interessi di cui le regioni sono portatrici e che non incidono sulle relative prerogative ed attribuzioni.

Il ruolo procedimentale della Regione Calabria risulta essere stato pienamente garantito nella fase di approvazione del progetto preliminare e del progetto definitivo dell’opera, senza quindi che sia ravvisabile la necessità, in assenza di modifiche del progetto o delle caratteristiche tecniche dell’opera o di modifiche che possano ritenersi riconducibili agli interessi regionali e sugli stessi incidenti, di un coinvolgimento della Regione Calabria con riferimento alla adozione della gravata delibera C.I.P.E. n. 77 del 2009, che si limita a disciplinare aspetti in ordine ai quali né la disciplina speciale, né l’intesa generale quadro, conferiscono specifiche attribuzioni alla Regione ricorrente, la quale peraltro, non ha neanche dimostrato in quale modo le contestate modifiche del soggetto aggiudicatore e del programma di riferimento dell’opera incidano sulle proprie attribuzioni, né quale sia l’interesse che, in ragione dei poteri alla stessa attribuiti e dai fini perseguiti, possa imporre e rendere necessitato l’invocato coinvolgimento decisorio, essendosi la Regione ricorrente limitata, negli atti processuali, a fondare la propria pretesa partecipativa sul richiamo alla condizione cui è subordinato l’assenso espresso per il progetto definitivo della ‘Variante di Cannitello’, condizione che, per quanto dianzi illustrato in relazione all’assetto dei rapporti ed alle finalità delle attribuzioni statali e regionali nella speciale materia, non può costituire una nuova fonte di legittimazione di prerogative e poteri estranei all’assetto normativo, come costituzionalmente delineato ed orientato.

La portata decisoria di cui alla gravata delibera, come sopra illustrata, non incidente su aspetti essenziali dell’opera come assentita dalla Regione Calabria con l’approvazione del progetto preliminare e del progetto definitivo, consente quindi, coerentemente con le considerazioni svolte in ordine all’assetto dei rapporti e degli equilibri tra Stato e Regioni nell’ambito della disciplina speciale delle infrastrutture strategiche, di delibare l’infondatezza della censura esaminata.

In conclusione, alla luce delle considerazioni sin qui illustrate, il ricorso in esame va dichiarato inammissibile con riferimento all’azione impugnatoria proposta avverso il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria e le risoluzioni parlamentari con cui tale atto è stato approvato dalle Camere, e va rigettato quanto alla restante parte.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

- Roma -Sezione Prima -

Pronunciando sul ricorso N. 11135/2009 R.G., come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile, rigettandolo quanto al resto.

Condanna la Regione ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, per complessivi euro 6.500 (seimilacinquecento), che liquida in euro 2.500 (duemilacinquecento) a favore delle Amministrazioni resistenti, difese unitariamente dall’Avvocatura Generale dello Stato, in euro 2.500 (duemilacinquecento) a favore della società Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., avendo tali parti prodotto memorie difensive, ed in euro 1.500 (millecinquecento) a favore della società Stretto di Messina S.p.a. che si è costituita in giudizio con formula di rito,

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Roberto Politi, Presidente FF

Elena Stanizzi, Consigliere, Estensore

Silvia Martino, Consigliere

 

 

 

 

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